giovedì, aprile 29

Ayhuttaya


Ayhuttaya, antica capitale della thailandia, anno 2553 calendario thailandese. Pullula di templi e antiche rovine da farne indigestione. Dormo in una guesthouse gestita da una famiglia giapponese di quelle con mille membri, bisnonni ultracentenari e tutta la stirpe allargata. La sera festeggiano sotto la finestra della mia stanza, sembra che mi devo unire anch'io tanto non si dorme. Mi accolgono esuberanti. Una delle cose che amo di più del viaggiare così è l'interesse che suscito nelle persone del posto quando vado al di fuori degli itinerari turistici. Sono il forestiero che proviene dalle terre lontane aldilà dell'hymalaya. L'alieno che viene in pace a mostrare le tecnologie oltreoceano. La nuova specie umana di recente scoperta, risultato della biodiversità.
E i bambini, quelli sono fantastici, ti scrutano di nascosto da lontano incerti sul da farsi, chiedono consiglio alla mamma, si avvicinano decisi e attaccano con un "hallo!", poi contenti della loro prestazione corrono via felici. Che dolci.
Problema di Ayhuttaya sono i branchi di cani randagi che girano in ogni dove sulle strade della città, ce ne sono interi canili, sono tranquilli, almeno la maggiorparte. Si la maggiorparte, perchè mentre sono seduto a mangiare un panino, un gruppo di cani decide che è il momento propizio per attaccare l'umano, distratto a cibarsi. Quattro cani incazzati vengono verso di me correndo, sembra una scena da documentario quando i leoni da dietro l'erba alta della savana attaccano all'unisono lo gnu sprovveduto. Ed è qua che viene il bello, due ragazzi thailandesi lì vicini prontamente si mettono tra me i cani, mi difendono, li scacciano. Che bello. Non mi conoscono, non sanno la mia lingua, non mi rivedranno mai più, non sanno il mio nome e nemmeno il numero di zeri del mio conto in banca, ma mi aiutano incondizionatamnte. Rischiano la loro incolumità per me. Mi aiutano perchè sanno quando è dura la vita, mi aiutano perchè in fin dei conti sono uno come loro. Non so nemmeno ringraziare in thailandese, che vergogna. Torno alla mia stanza e cerco quella parola che inevitabilmente userò molto spesso nelle prossime settimane, korp kun krap. Grazie.

P.S: se sapevano il numero di zeri del mio conto in banca penso mi avrebbero lasciato sbranare, "straccione di merda!"

venerdì, aprile 23

Rivoluzione!

Che bello vagare in mezzo alla città con una mezza idea di raggiungere una meta turistica, non trovarla e perdersi completamente. Far combaciare le proprie mappe mentali con quelle della città, orientarsi con l'olfatto come i cani in cerca di un profumo nuovo, utilizzare il tramonto come bussola, osservare la gente e cercare di leggere la loro storia nei loro occhi, camminare, camminare, camminare. E così vedere la Bangkok autentica, fatta di thailandesi e non di biondini col cappellino, reflex, cannuccia in bicchiere colorato, che hanno caldo, tanto caldo e tengono il conto di quanti templi diversi riescono a visitare in un giorno. Qua solo gente del posto. Desiderare fortemente di conoscerli, di capirli, di ascoltare la loro storia, di volerli toccare. Farfuglio qualcosa a caso a una ragazza thai solo per incrociare i suoi occhi, sentire la sua voce, poi sorrido e vado via. Non so parlare il thailandese, peccato.
Il giorno dopo mi infilo in mezzo alla rivoluzione. Camicie rosse, contro esercito. La situazione sembra tranquilla così mi butto in mezzo alla zona occupata dai rivoluzionari. Sono finanziati dall'ex premier ultramilionario per ottenere le dimissioni dell'attuale governo. Sembra che l'ex premier sia molto peggio dell'attuale, ma ha talmente tanti soldi da riuscire ad animare una rivolta. Migliaia di persone riunite in Siam square, il quartiere ricco, erigono barricare e tengono discorsi diffusi per tutto il quartiere da autoparlanti installati ogni 200 metri. Proprio sotto gli hotel di lusso, giusto per essere sicuri che le persone che contano làssu sentano bene e se la facciano un po sotto. Arrivo fino sotto al palco dove il Che Guevara thailandese trasmette a gran voce speranze e ideali, incitamenti e insulti al governo. Conosco una coppia di thailandesi con cui comunico più o meno a gesti, mi mettono in mano un gadget di rosso tinto e faccio una foto con loro. Son l'unico occidentale ad essersi spinto fin qua, han tutti paura di entrare. E la sorpresa è che sono accolto con gentilezza e sorrisi, non con pistole e coltelli. C'è quel clima di speranza, unione e leggera tensione, quello che in Italia forse si respira solo alla finale dei mondiali. Tutto intorno ci sono bancarelle improvvisate che vendono ogni cosa purchè di colore rosso. Mangio una fetta di anguria. Secondo la cultura thailandese i piedi sono la parte più spregevole del corpo, al contrario la testa la parte più nobile e importante. Così le bancarelle hanno pensato bene di creare e vendere delle infradito con la faccia del presidente stampata sopra, di modo da poterlo calpestare camminando.
Risalgo in barca il fiume che attraversa Bangkok ammirando la città immersa nella notte. I grattacieli nel giro di poche centinaia di metri lasciano spazio a baracche arrugnite, bambini che dormono a terra vicino ai cani, i bisogni si fanno direttamente nel fiume. Comprendo così il motivo di tutta questa voglia di cambiare le cose.

domenica, aprile 18

Partenza!


Trento, Verona, Milano, Bangkok, si va in crescendo verso l'esagerato. Bangkok è immensa, solo l'aereoporto è grande come Rovereto, un micromondo, un ecosistema a sè stante. Insomma mica tanto eco a dire il vero. Gente che cammina scalza, ragazze sorridenti, taxi colorati, topi da mezzo kilo che attraversano la strada in cerca di gatti, gente di ogni paese e cultura che si amalgama, il pagliaccio del mc donald's che saluta come i monaci buddhisti, camice rosse incazzate, profumi (e odori) che cambiano prima ancora di essere riconosciti dal mio naso disadattato, traffico pesante, semafori col display del conto alla rovescia su strade a otto corsie. Qua è tutto in vendita, ogni cosa, e non vedono l'ora di vendertela, ci si applicano proprio. La prima regola l'ho già imparata: più un thailandese sorride più ti vuole fregare. Se poi parla anche un buon inglese è proprio un professionista di inculate. Si, ha fregato anche me, gli ho sorriso di rimando tanto son troppo euforico per prendermela, alla fine mi ha solo venduto un paio di occhiali da sole a 5 volte il prezzo della bancarella 3 minuti più in là. Bancarelle ovunque, accalcate, senza alcun ordine sensato, condividono tra di loro spazi comuni per riuscire a starci tutte, uno ci mette i suoi cappellini, quello della bancarella dopo ci accomoda i piedi sopra. Sabato prende forma il mercatino del week-end più grande del mondo, un'altra Rovereto, una piccola nazione nel cuore di Bangkok, forse non deve pagare nemmeno le tasse alla città madre tanto poco costa la roba. Ogni tanto mi arriva una scarica di adrenalina tanto per ricordarmi che sono dall'altra parte del mondo a zonzo. E io che pensavo di averla finita.
Per tornare al mio ostello ho preso un tuk-tuk o meglio mi ha preso su lui col suo bel sorriso e il suo bell'inglese. Regola confermata è una fregatura; Monto mi dice everywhere for 50 bath (1 euro), partiamo e gira in tondo per il quartiere mentre raccoglie qualche informazione utile su di me, gli racconto che andrò a Phuket nei prossimi giorni e capisce cosa deve fare: si ferma ad un agenzia turistica e mi dice che devo entrare a comprare adesso il biglietto per il bus per Phuket, 
-"why?"
-"becpise s e alao wha wha bi bi go go"
-"eh?"
farfuglia qualcos'altro mentre mi spinge dentro.
Esco senza comprare alcun biglietto visto che è palesemente sovraprezzo e il mio amico guidatore di tuk-tuk ne prende una percentuale per aver fornito il cliente all'agenzia. Ovviamente senza permesso del cliente. Ripartiamo con l'accensione a spinta e l'aiuto di due passanti ma non demorde, vuole portarmi in un'altra agenzia. Minaccio di scendere senza pagare e prendere uno squallido taxi. Mi dice: Lo faccio per te, devi fare il biglietto e andare via subito da Bangkok perchè qua ci sono le camice rosse impazzite bang bang bang. Sorrido. Finalmente arriviamo a destinazione, è un po deluso perchè non è riuscito a guadagnarsi la percentuale, gli dico che voglio farli una foto sul suo tuk-tuk prima che parta. Sorride. Qua funziona così che sia tu vittima o carnefice devi sorridere, fa parte delle regole non scritte del gioco.
Resto qua ancora qualche giorno poi mi avvicinerò alla costa a prendere un po di sole per farmi il colorito alla thailandese.

venerdì, aprile 2

Vi saprò dire...

I preparativi ci sono quasi tutti, poi una volta arrivato non so molto di quello che farò. O meglio ho talmente tante idee che non riesco a mapparle, ma dal tronde non voglio programmare nulla, voglio solo lasciarmi fluire. Voglio inventare l'attimo. Attimo dopo attimo. Voglio conoscere il mondo.
Non so se è una fase della vita, o se è un istinto alieno, so solo che voglio partire e scoprire il mondo. Ormai il solo dire "mondo" mi manda i brividi, mi accompagna nel sogno.
Mondo.
Mille diapositive mi scorrono davanti tutte in un istante, con profumi, colori, sorrisi.
É divetata un urgenza interiore.
E così il 16 aprile parto per la Thailandia, senza limiti di tempo, senza limiti di spazio, con la mente aperta, senza alcuna presunzione. É un viaggio di crescita e di scoperta, di conoscenza del mondo e di me stesso.
Porto il mio zaino con il minimo necessario (più qualche gadget che mi fa sentire tanto esploratore di mondi nuovi), poi tutto il resto di cui ho bisogno lo produco nel viaggio stesso, almeno così dicono.
Ringrazio tutte le persone che fanno parte della mia vita e che lascio qua; non è che ci stò male a casa mia ma voglio assolutamente prendermi questa parentesi di libertà per le strade del mondo.
E poi voglio andare a vedere se è vero che il mondo è rotondo. Che non sia come in Snake che il serpentello esce da una parte dello schermo e sbuca fuori dal lato opposto.
Vi saprò dire.